Capitolo decimo…

Condividi:

Erano passate  poche decine di minuti e il gruppo ancora non aveva pronunciato una sola parola. Giulia camminava davanti a tutti ma ad una spanna da lei Brunetto faceva buona guardia con la spada sguainata. Francesco fattosi prestare un pugnale dal suo amico controllava le loro spalle. Il sentiero che percorrevano era piuttosto libero da vegetazione, sul terreno c’erano evidenti tracce del passaggio di carri e cavalli, ma nonostante ciò, i ragazzi non erano a proprio agio, forse anche perché ormai il sole stava per tramontare e le ombre che loro stessi proiettavano erano così lunghe da storpiare i loro profili. Arrivarono in una piccola radura circondata da rovi. “Penso che ci converrebbe sostare qui in questo spiazzo per la notte” disse Brunetto. “Non è prudente continuare.” Giulia non disse niente, continuando a camminare. I due ragazzi si guardarono non sapendo come comportarsi, poi Francesco la toccò sopra una spalla e lei si girò con una smorfia rabbiosa. “Cosa c’è adesso? Ho detto che voglio sbrigare questa faccenda più velocemente possibile. Prima arriveremo dal mago e prima torneremo tutti a casa. Ci riposeremo dopo, quando  sarà finito tutto”. “Giulia, non pensi che sarebbe meglio accendere un fuoco e starcene tranquilli al sicuro per stanotte? Ho aspettato due giorni posso aspettare altre sei ore. Se ho una minima possibilità di tornare a casa voglio tornare tutto intero. Vado a raccogliere della legna, va bene?” “No, che non va bene” protestò Giulia, “Io decido quando dobbiamo fermarci e secondo i miei calcoli non farà buio prima…” ma la sua frase fu interrotta da un ululato che ghiacciò il sangue nelle vene a tutti. La ragazza finse di non aver sentito ma la sua voce tremante la tradì. “ E va bene, prima… prima sarà meglio fare un fuoco, poi discuteremo…” Francesco con un sorriso sulle labbra fece cenno a Brunetto di raccogliere qualche bel pezzo di legno, un po’ alla meglio si sistemarono. Intanto il sole era tramontato e le lunghe ombre avevano lasciato il posto alle tenebre. Un sottile spicchio di luna era la sola fonte di luce che avevano a disposizione. Francesco si sedette accanto a Giulia. In lontananza la spada di Brunetto che risuonava sui tronchi degli alberi; un compito indegno per una spada, ma indubbiamente utile. Giulia lo guardò, il suo sguardo era tornato dolce. “Nella penombra sei ancora più simile al mio amato, mi chiedo a quale sortilegio stiamo assistendo”. “A nessun sortilegio” rispose Francesco “Io penso che sia vittima di quello che noi chiamiamo sbalzo temporale. In qualche modo sto vivendo in un mondo parallelo. Non so cosa mi abbia catapultato nella tua epoca, sicuramente un fatto eccezionale, ma io non mi sono accorto di nulla, è questa la cosa strana, io…” Di colpo il ritmico martellare della spada di Brunetto era cessato. Francesco alzò la testa di scatto. “Hai sentito?”. “Sentito cosa?” “Nel bosco” “Non sento niente… cosa…” “Appunto” Francesco si alzò e sfoderò il pugnale. Ora c’era solo il silenzio. Un movimento alla sua destra attirò la sua attenzione. “Brunetto? Sei tu? “Chiese timoroso Francesco. “Brunetto? Rispon…” Un ringhio ed un paio di mascelle che si serravano sulla sua camicia fu tutto quello che riuscì a intravedere. Giulia emise un urlo così possente ed isterico che la cosa che era balzata dal cespuglio esitò una frazione di secondo poi rivolse gli occhi di brace alla ragazza, che immobile guardava Francesco a terra, con una preoccupante chiazza di sangue che si allargava sulla camicia. Con orrore vide che la bestia non era sola. Dal bosco infatti sbucarono altri tre lupi neri come la pece, ringhianti e con bocche fameliche spalancate in un ghigno feroce. Giulia si rese conto di essere in trappola. Brunetto non si vedeva, Francesco era a terra, fuori combattimento. L’unica possibilità per lei era l’albero a pochi metri da se. Se solo fosse riuscita a salirci. Non ci pensò due volte, cacciò un urlo più potente del primo, cominciando a correre verso l’albero con tutta l’energia che aveva. Il lupo alla sua sinistra rimase fermo, ma un altro le andò subito dietro. Quei sei metri furono per Giulia i più lunghi della sua vita. L’albero offriva un bel ramo robusto cui aggrapparsi, ormai due metri la separavano dalla salvezza. Spiccò un salto, ma qualcosa la trattenne, facendola rovinare pesantemente sul terreno. Giulia rimase per un attimo senza fiato, non si sentiva più le mani dalla paura e dei lampi di luce intermittente balenavano davanti a lei. Si girò di scatto e si preparò a subire le zanne della bestia. Chiuse gli occhi. Sentì un ringhio e poi un guaito. Del liquido caldo le gocciolò sul viso. Alzando gli occhi, nella penombra scorse una grossa figura, poi una mano forte e callosa la fece alzare e riconobbe Brunetto. I tre lupi adesso erano tutti occupati a distruggere la nuova minaccia. L’omone fu accerchiato. Un lupo attaccò, ma fu respinto dallo spadone che lo ferì sul dorso. Brunetto indietreggiava, ma dopo pochi passi un muro di rovi lo bloccò. Giulia intanto aveva raccolto due grandi sassi e li scagliò contro le bestie, facendole innervosire ancora di più. La ragazza ebbe il tempo di insinuarsi fra i rovi, mentre Brunetto teneva a bada le bestie. Zanne affilate trovarono il polpaccio dell’uomo, artigli micidiali gli graffiarono il ventre. Brunetto era quasi allo stremo. Erano troppo veloci per il suo pesante spadone. Non avrebbe resistito a lungo. I lupi cambiarono tattica e si gettarono tutti insieme sulla preda. Brunetto riuscì ad allontanarne uno con un calcio ben assestato sul muso, ma gli altri due gli furono addosso e cadde sulla schiena. L’odore del sangue rese le belve di una ferocia inaudita. Gli strattoni, che le mascelle ormai serrate sulla cotta di maglia, davano a Brunetto, arrivavano persino a smuovere il pesante corpo dell’uomo. Poi un guaito rallentò l’azione dei lupi. Una bestia si accasciò con un coltello piantato nella schiena. L’altro lupo mollò il braccio di Brunetto e si girò verso il suo nuovo avversario. Francesco era in piedi davanti alla bestia. A vederlo sembrava uno spavaldo guerriero senza timore, ma in realtà le sue azioni erano guidate solo dalla paura. Il lupo gli balzò al collo, ma Francesco riuscì in qualche modo ad evitarlo, assestandogli contemporaneamente un calcio sulle costole. Per nulla intimorita la bestia ripeté l’attacco, ma questa volta un corpo possente si contrappose tra i due combattenti, afferrando per il collo il lupo. Un rumore simile ad un ramo che si spezza echeggiò per il bosco, ed il corpo privo di vita della bestia cadde a terra. L’altro, ferito, valutò la situazione, guardò l’uomo davanti a sè e di scatto s’immerse nell’oscurità della notte. 

Donazione

Condividi: