Sesto capitolo del mio libro…

Condividi:

Brunetto lo guardava sorridente, ma Francesco non era dello stesso umore. Era contrario a rubare, anche se si trattava di due anitre. Si diressero verso quello che doveva essere l’edificio principale, visti i drappi e le bandiere alle finestre. “Non proferire alcuna parola finché non ti verrà posta domanda” Lo ammonì Brunetto. “A Sir Gabbriello non piacciono le lingue lunghe”. Entrarono da un portone principale e le guardie, riconosciuto Brunetto, non fecero storie, seppur guardando con curiosità il suo strano compagno. Sembrava di essere a palazzo Vecchio a Firenze. Lo stesso odore, le stesse colonne, gli affreschi alle pareti e sui soffitti, un palazzo veramente degno di un signore medioevale. In fondo ad un corridoio illuminato da torce appese alle pareti, c’era una grande porta a due ante, dietro la quale provenivano delle voci sommesse. Brunetto bussò delicatamente. “E’ permesso, mio signore?” Domandò. “Avanti, vieni pure avanti Brunetto, ti stavo aspettando”. I due entrarono. La stanza era scarsamente illuminata, ma Francesco poteva chiaramente vedere il Signore del castello seduto al centro di un tavolo ovale, circondato da quattro persone, due in armatura e due elegantemente vestite. Francesco restò indietro, aspettando un segno dal Signore. “Come mai questo ritardo?” Domandò Sir Gabbriello. “Vostra eccellenza vorrà perdonarmi per questo ritardo, ma ho avuto dei problemi con la selvaggina quest’oggi.” Si scusò Brunetto. “Adesso due anitre le chiami selvaggina? Io direi piuttosto animali domestici. Non sembrano state catturate con arco e frecce, ma piuttosto da mani esperte a rubare. Forse quello strano giovane che ti sei portato appresso c’entra qualcosa con questa faccenda?” Francesco sentì che le cose si mettevano male. “No vostra eccellenza. Anzi il giovane mi ha salvato, riuscendo a tirarmi fuori da un ruscello nel quale ero caduto per inseguire la preda. Gli devo la vita”. “Capisco” Aggiunse Sir Gabbriello con noncuranza.  “Ehi tu! Si dico a te. Avvicinati in modo che io possa vedere chi ha salvato la vita ad un mio servitore”. Francesco si mosse a stento, ma poi pensò che se si fosse fatto vedere più a suo agio, avrebbe fatto più buona impressione. Avanzò verso il cerchio di luce. Il signore appena notò i suoi vestiti si incupì, ma quando scorse il suo viso, si alzò di scatto rovesciando il calice di vino che aveva davanti, imprecando. “Francesco! Che cosa significa tutto questo! Voglio subito una spiegazione!” poi rivolgendosi a Brunetto. “Se voleva essere una sorpresa, lo è stata, ma ne ho in serbo anch’io una per te. Guardie, rinchiudetelo nelle segrete per tre giorni, gli passerà la voglia di divertirsi alle spalle del suo signore.” Brunetto stava per replicare, quando Francesco intervenne. “Ferma tutto. Ehi! Perché vi arrabbiate tanto eh? Non abbiamo fatto niente di male.” “Francesco, ho detto che ne ho abbastanza di questa storia! Togliti immediatamente quegli strani abiti e se vuoi ancora festeggiare il tuo compleanno, sarà meglio che esegui subito i miei ordini o non ci sarà nessuna festa questa sera.” Francesco realizzò: lo avevano tutti scambiato per il figlio del Visconte. Ma come era possibile una coincidenza così incredibile? E Brunetto come mai non se ne era accorto? Lo guardò, ma lo sguardo dell’omone, fra l’impaurito e l’incredulo, non gli diede nessuna spiegazione. Allora Brunetto cominciò a parlare. “Mio signore, se posso dire una cosa…” “Cosa hai da dire? Mi sembra che non ci sia niente da dire su questo scherzo stupido!” Lo interruppe il visconte. “Mio signore, non v’è nessun scherzo ve lo assicuro. Questo ragazzo non è vostro figlio, ed anche se porta lo stesso nome, vi assicuro che fu lui a trarmi in salvo dal ruscello. Vi do la mia parola d’onore. Egli è solamente un giullare che è venuto al vostro castello per rallegrare la serata di stasera, ecco il perché dei suoi strani vestiti. “E’ vero, io sono un giullare, non mi sognerei mai di farle uno scherzo così di pessimo gusto. Magari fossi vostro figlio! Sarebbe ganzissimo!” Si lasciò scappare il ragazzo provocando una smorfia di dubbio sul volto del visconte. “Forse gli assomiglio e con questa luce mi avete confuso…” Il visconte cominciava a vacillare. In effetti anche se la somiglianza era impressionante, c’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. Lo sentiva estraneo e poi quel suo modo strano di parlare… “E così tu non saresti mio figlio eh? Mmm,  vorresti forse dire che sono un ubriaco imbecille?” “Per carità  non ho detto questo, sto solo dicendo che vi potreste sbagliare. Anzi, vi siete sicuramente sbagliato, perché io…” Non riuscì a finire la frase perché un mormorio si alzò dalle persone sedute al tavolo, ed una sguainò la spada guardando Francesco con cipiglio. “Sir Gabbriello era paonazzo. “Io non sbaglio mai intesi?” Guardie levatemelo davanti, subito!!” Francesco fu sollevato di peso da due guardie armate di tutto punto e non osò neanche fiatare. Mentre lo portavano via pensò a tutto ed a tutti, ma non voleva pensare a cosa gli sarebbe successo.

Condividi: